Gli assi portanti dell’azione politica di Bersani

Sintetizzare gli assi portanti della sua azione nella società non è certo facile, ma a ben pensare c’è una dimensione che emerge su tutte le altre. La base di tutta la sua azione è stata la sua grande fiducia nella società civile organizzata, da cui lui vedeva scaturire la responsabilità prima dell’azione economica, politica, culturale e sociale. Questa responsabilità Bersani la riconduceva alla sua fede cristiana, che richiedeva un impegno senza soste, su tutti i versanti, per aiutare lo s-viluppo, parola che significa eliminazione dei lacci (dei viluppi) che tengono incatenata la società ad un basso livello di funzionamento. Bersani è stato un esempio fra i più chiari di propositività di una società civile ben organizzata, che non si lamenta per i problemi irrisolti senza far nulla e non aspetta dall’alto la soluzione dei problemi, ma vi pone mano direttamente, attirando tanti altri come collaboratori. Ora, è ben noto che le soluzioni offerte ai problemi dalla società civile sono superiori a quelle calate dall’alto da uno stato autoritario, per molti motivi. Innanzitutto perché provengono da gente che conosce i problemi meglio di qualunque burocrazia statale e ha sperimentato varie soluzioni prima di proporre quella che ha dato migliori risultati; secondariamente, perché le soluzioni proposte sono più facilmente applicabili da persone che ne conoscono la validità e se ne sono fatte portatrici; e non da ultimo per l’abitudine che si ingenera ad essere attivi di fronte ai problemi e non rassegnati. Il problema è che in molti contesti sociali la società civile è assente, o scarsamente organizzata, o perché mancano i presupposti per la sua responsabilità (educazione, legislazione che dà libertà di espressione, etc.) o perché viene soffocata da uno statalismo assistenzialistico.
Questa preferenza per la società civile organizzata è stata declinata da Bersani in tutte le sue attività: in economia, come in politica, come nell’associazionismo. L’azione politica di Giovanni Bersani si è esercitata, come abbiamo visto soprattutto nei capitoli 2 e 5, su due fronti: il Parlamento italiano e quello europeo. Nel primo Bersani è stato firmatario (come primo nome o come nome aggiunto) di 159 proposte di legge, di cui 31 diventate leggi. Non si è potuto in questo volume effettuare un’analisi approfondita di queste leggi, ma scorrendo i titoli nel sito della Camera e del Senato si vede che esse sono in coerenza con quanto Bersani faceva sugli altri fronti del suo impegno: provvedimenti per la cooperazione agricola, la piccola proprietà, l’edilizia popolare, l’Appennino, l’artigianato, la zona industriale di Bologna; provvedimenti per i cantieri di lavoro, i centri di addestramento professionale, le case popolari, gli assegni familiari; provvedimenti per il volontariato internazionale. Naturalmente, Bersani partecipava anche a proposte di legge dei suoi colleghi, sempre volte al miglioramento delle condizioni delle classi lavoratrici.

Un commento particolare merita il suo impegno politico internazionale, durato ininterrottamente dal 1960 al 1989, dapprima come rappresentante della DC a Bruxelles e poi, quando il parlamento europeo divenne elettivo dal 1979, come parlamentare europeo. Egli interpretò da subito questo suo nuovo incarico in modo costruttivo e complementare al suo impegno per l’Appenino bolognese o la bassa emiliana: in primo luogo appoggiò la creazione di una robusta politica regionale europea a favore delle aree sottosviluppate, quindi si batté a fianco dei popoli europei che volevano riprendersi la democrazia, ma soprattutto diede una spinta considerevole all’apertura di nuovi rapporti tra i paesi europei e le ex-colonie, diventando presidente tra il 1976 e il 1989 dell’Assemblea parlamentare tra i paesi della Comunità Europea e quelli dell’ACP, come è stato ben spiegato nel capitolo 5. Quello che importa qui rilevare è che il modo con cui Bersani riuscì a costruire quelle numerosissime relazioni internazionali (documentate anche nel capitolo 6) e a risolvere molte crisi diplomatiche era lo stesso da lui praticato in Italia: interessarsi davvero dei problemi degli altri, mostrare volontà di venire incontro alle loro aspettative, andare a trovare direttamente le persone, parlare con loro, creare quella fiducia e quell’amicizia che rendono più facili le decisioni, senza venir meno ai principi di fondo. Resta sorprendente per chi osserva i comportamenti di molti parlamentari europei attuali, che non hanno la ben che minima apertura a considerare interessi superiori a quelli nazionali egoisticamente interpretati, vedere come per Bersani gli interessi nazionali, regionali, locali si armonizzassero senza difficoltà con quelli europei e mondiali, perchè l’obiettivo comune era quello di promuovere la dignità di ciascuna persona e sottrarre il maggior numero di persone alla povertà e alla mancanza di libertà.